page 06 _______________The Masque of the Red Death by Edgar Allan Poe



He had directed, in great part, the movable embellishments of the seven chambers, upon occasion of this great fete; and it was his own guiding taste which had given character to the masqueraders. Be sure they were grotesque. There were much glare and glitter and piquancy and phantasm--much of what has been seen in "Hernani." There were arabesque figures with unsuited limbs and appointments. There were delirious fancies such as the madman fashions. There were much of the beautiful, much of the wanton, much of the bizarre, something of the terrible, and not a little of that which might have excited disgust. To and fro in the seven chambers stalked, in fact, a multitude of dreams. And these the dreams--writhed in and about, taking hue from the rooms, and causing the wild music of the orchestra to seem as the echo of their steps. And, anon, there strikes the ebony clock which stands in the hall of the velvet. And then, for a moment, all is still, and all is silent save the voice of the clock. The dreams are stiff-frozen as they stand. But the echoes of the chime die away--they have endured but an instant--and a light half-subdued laughter floats after them as they depart. And now the music swells, and the dreams live, and writhe to and fro more merrily than ever, taking hue from the many-tinted windows through which stream the rays of the tripods. But to the chamber which lies most westwardly of the seven there are now none of the maskers who venture, for the night is waning away; and there flows a ruddier light through the blood-colored panes; and the blackness of the sable drapery appalls; and to him whose foot falls on the sable carpet, there comes from the near clock of ebony a muffled peal more solemnly emphatic than any which reaches _their_ ears who indulge in the more remote gaieties of the other apartments.

Era stato lui a dirigere personalmente gran parte degli abbellimenti temporanei delle sette stanze, in occasione di quella grande festa, ed era stato il suo gusto personale a conferire carattere alle maschere. Erano certamente maschere grottesche. Sfavillanti e luccicanti, erano, piccanti e fantastiche; assomigliavano a molto di quel che poi si è veduto nell'ERNANI. Alcune di queste maschere erano figure d'arabesco, con membra e ornamenti strampalati.
Altre parevano le fantasie deliranti di un pazzo. Molte altre ancora erano bellissime, molte capricciose, molte BIZZARRE, alcune terribili, e non poche avrebbero potuto suscitare disgusto. In realtà nelle sette stanze si avvicendavano senza posa miriadi di sogni. E questi, i sogni, si torcevano qua e là, assumendo colore nelle stanze e provocando la sensazione che la musica ossessionante dell'orchestra non fosse che l'eco dei loro passi. Ed ecco che ancora la pendola d'ebano, nella sala del velluto, batte le ore. Ed ecco che ancora per un attimo tutto è immobilità e silenzio, tranne la voce dell'orologio. I sogni s'irrigidiscono e si raggelano nel punto in cui stavano volteggiando, ma gli echi della suoneria muoiono lontani, non sono durati che un istante, e un riso sommesso, leggero, fluttua e l'insegue mentre essi si dileguano. Ed ecco che la musica si rinturgidisce, e i sogni rivivono, e nuovamente si attorcono ancora più gai che per l'innanzi, colorandosi ai riflessi delle finestre variopinte attraverso cui si rifrange in mille raggi il bagliore dei tripodi. Ma verso la camera più occidentale delle sette nessuna maschera osa ora avventurarsi; poiché la notte sta ormai trascolorando, e dalle invetriate sanguigne si irradia una luce più rossiccia, e la cupezza degli scuri drappeggi sgomenta, e a colui il cui piede si posa sul nero tappeto giunge dal vicino orologio d'ebano un rintocco smorzato, più solenne, più veemente, di quanto possa giungere agli orecchi di COLORO che si abbandonano al piacere e alla gaiezza nelle stanze più lontane.






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